ULDERICO BERNARDI: DALLE COMUNITA’ LOCALI LA GENERAZIONE DI UN NUOVO UMANESIMO
di Efrem Tassinato – Presidente del Circuito Wigwam
La presentazione del volume “La storia di tante storie”, un’operazione della memoria, varata dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto edito da Biblioteca dell’Immagine, racconta la storia di giornali e giornalisti della regione dall’Unità d’Italia ai tempi nostri. Ospitata dalla Libreria Lovat di Villorba (Tv) il 5 novembre 2016, è stata l’occasione per rivedere e salutare vecchi cari amici e colleghi di grande competenza e amore per quella che per loro è stata e tuttora è, molto di più che solo una professione.
Il pubblico è stato affascinato con le loro affabulazioni sulle oltre cento vite raccontate nel libro, una per tutte quella di Tina Merlin, giovane partigiana originaria di Trichiana (Bl), senza dubbio ritenuta la più grande giornalista veneta, collaboratrice de l’Unità e di altre testate. Tina, ricordata anche come donna di grande intelligenza e bellezza, è passata alla storia per avere preannunciato e fortemente denunciato la tragedia del Vajont, tanto da essere portata in tribunale dall’allora proprietà.
Ha presenziato Gianluca Amadori, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto e quindi la relazione di apertura è stata affidata al caro amico Ulderico Bernardi di Treviso, scrittore, sociologo, accademico giornalista, docente di sociologia dell’Università di Venezia, gran ricercatore con al suo attivo molti studi e ricerche sul campo indagando comunità agricole, industrializzate, minoranze etniche e colonie di emigrati italiani nelle Americhe ed in Australia. Poi, a seguire, i racconti di molte altre storie recensite dal compendio dei colleghi Orazio Carrubba, direttore della scuola di giornalismo “Dino Buzzati” dell’Ordine dei giornalisti del Veneto, di Edoardo Pittalis, editorialista de Il Gazzettino di cui è stato vicedirettore ed infine di Angelo Squizzato, già redattore della RAI del veneto dove per molti anni ha seguito la rubrica di agricoltura ed alimentazione.
Ma non solo. Ovvero, il reincontrare l’amico Ulderico Bernardi che molto, la rete oramai internazionale delle Comunità Locali Wigwam, gli deve per i suoi studi e le sue ricerche. Questi, in molti modi contribuiscono a spiegare e sostanziare la cultura che ne sottende il senso lato, l’operatività, la modalità organizzativa, ma soprattutto il viverla come imprescindibile salvaguardia della propria identità insieme a quella della comunità in cui ognuno vive e quindi, mantener ferma la barra nella direzione di uno sviluppo che sia equo, sostenibile e basato sulla collaborazione solidale tra le persone. In una parola, umanisticamente inteso. Nella sua vasta produzione di studi e saggistica molti attengono all’interpretazione delle dinamiche culturali e socio-economiche delle Comunità Locali ma sarebbe lungo elencarle perciò, rimando alla sua scheda Wikipedia, per un compiuto approfondimento.
Quello che invece, qui voglio riproporvi, sono gli spunti che il mio e nostro amico Ulderico ha regalato alla platea, nella sua dotta prolusione e che saranno certamente di grande utilità nel quotidiano lavoro degli Operatori impegnati sia nelle attività di animazione e supporto delle Wigwam Local Community, che dei Club e Gruppi di Progetto, quanto nei compiti di coordinamento generale e supporto della Rete dei Wigwam.
Ha ricordato ad esempio che senza memoria del passato e della tradizione, non può esservi una valida evoluzione/trasformazione; che la diversità e l’alterità rappresentano valori imprescindibili delle comunità e non da oggi. A tal proposito ha citato la fine opera di Ibn Khaldun (Tunisi, 1332- Il Cairo, 1406) uno dei più grandi pensatori del mondo arabo ed il primo teorico di una nuova metodologia nello studio della storia e dei rapporti sociali tra gli uomini.
Altra menzione importante, quella della figura e dell’opera di Niccolò Tommaseo che definisce i territori italiani, piccole comunità di cultura dove è appunto la diversità a costituirne la ricchezza.
Ed ancora di Léopold Sédar Senghor uomo politico e poeta senegalese, che cercò di realizzare un socialismo umanistico e cristiano. Pose la cultura delle comunità locali del suo paese e più in generale dell’Africa nera, come fondamento della sua politica come contributo di partecipazione e integrazione alla formazione della cultura mondiale, piuttosto che di distacco e chiusura.
Infine di Édouard Glissant che è stato uno scrittore, poeta e saggista francese di origine antillane quindi di cultura creola-caraibica. Di lui vien scandito l’assioma dell’arricchimento reciproco tramite lo scambio: “chi scambia cambia”. Non può esserci scambio tra uguali, perciò la salvaguardia etica delle diversità, siano esse biologiche, naturalistico-ambientali o culturali, rappresenta la condizione imprescindibile perché lo sviluppo avvenga in maniera equilibrata ed armonica.
Noi crediamo, condividendo il pensiero di questi illustri padri, che ritroviamo recentemente rimarcato ne I nuovi obiettivi del 3^ Millennio per lo Sviluppo Sostenibile, dell’Agenda approvata dall’ONU nella 69^ Assemblea Generale in data 25 settembre 2015 a New York alla presenza di Papa Francesco, che tutto ciò sia possibile, ad iniziare dalla restituzione della dignità alla persona e, per immediata estensione, della comunità locale di cui essa è parte, come soggetti unici e diversi ma non contrapposti ed escludenti l’uno dell’altro, bensì concorrenti alla formazione del bene comune. Insomma, come afferma a gran voce e basilare ed oggettivo buon senso Papa Francesco, è necessario perseguire il sogno di un nuovo umanesimo d’iniziativa del nostro vecchio mondo, quello europeo, che più di tutti ne porta le responsabilità storiche ma nel contempo ne possiede anche tutte le potenzialità.